Il contributo di Claudia Losi nasce da una riflessione dell’artista a seguito di una lettura apparsa sulla rivista dell’Archivio Antropologico Mediterraneo dell’Università di Palermo ora online.

Ricordo una lettura che mi è rimasta in mente per anni, di non ricordo quale numero della rivista dell’Archivio Antropologico Mediterraneo dell’Università di Palermo, il cui tema centrale era il fuoco. I fuochi del Mediterraneo. In particolare trovai molto interessanti le similitudini tra le pratiche dei fuochi rituali nella maggioranza  delle popolazioni del bacino. 

Mi rimase impresso perché riguardava l’alfabeto comune che sta alla base dello sguardo mediterraneo. Lo dimentichiamo e poi lui torna, quello sguardo, sotto vari aspetti, forme e suoni: dal tessuto e i i suoi motivi al canto che chiama-lavora-piange, dalle pratiche agricole alle feste religiose, dal cibo ai segni tatuati sul corpo o incisi nelle terrecotte. È un vocabolario profondo e una grammatica a cui siamo talmente abituati che non vediamo quasi più. Solo le emergenze, talvolta, le portano in luce. Nel bene e nel male.

Mi viene da pensare a come la dimensione reale, geografica del Mediterraneo sia mutata, nella percezione dei popoli che lo hanno attraversato, che ne hanno vissuto i profili nel corso dei millenni. Come il Mediterraneo sia stato un contenitore straordinario di immaginari: proiezioni di desiderio e di pianti di disperazione lo hanno attraversato e sono affondati nei suoi abissi. E quanti ancora. 

Mi viene in mente l’abisso Calipso, nel Mar Ionio: 5270 metri di profondità. Il più profondo del nostro mare. Nato per fenomeni di subduzione delle placche: il lento scivolamento della Placca Africana sotto alla micro-placca Egeo. Perché anche la crosta che tutto sostiene si muove. Non solo le storie dei singoli. Le nostre brevi vite.

E poi la ninfa Calipso ha a che fare, mi sembra, anche col progetto imbastito da Ettore. Almeno mi piace pensarlo 

Calipso nella sua grotta sull’isola Ogigia aveva giardini naturali, un bosco sacro con grandi alberi e sorgenti che scorrevano in un mare d’erba. Trascorreva il suo tempo a filare, tessere, con le schiave, anch’esse ninfe, cantando tutte mentre alle prese coi propri lavori di filo. 

Quando finalmente lasciò partire Odisseo, l’amato e astuto navigatore, diviso sempre tra il desiderio di partire e quello di tornare, Calipso gli offrì il legname per costruirsi un’imbarcazione di fortuna e provviste per il viaggio. Gli indicò anche su quali astri regolare la navigazione.

Ci saranno altre storie, altre morti e crisi come sempre ne ha viste e accolte, il Nostro Mare. Perché non siamo che scampoli. 

Per il nostro presente, si può e si deve provare a tenerne insieme il più possibile, in un unico grande tessuto che ci ricordi la nostra comune appartenenza. Chissà…

Claudia Losi, artista piacentina classe 1971. Nella sua ricerca artistica, Losi abbraccia una grande varietà di media: installazioni site-specific, sculture, video mapping, lavori su tessuto e su carta. Interessata da subito a progetti pluridisciplinari, scienze naturali, etnologia, geologia, cartografia, poesia e letteratura, la sua indagine si focalizza sul rapporto tra l’uomo e la natura, tra l’individuo e la collettività, sulla esplorazione come esperienza di conoscenza.