Le associazioni Connecting Cultures e Isole hanno il piacere di presentare la terza e ultima tappa del progetto Il Pensiero che non diventa Azione avvelena l’Anima dell’artista Eva Frapiccini, vincitore della prima edizione di Italian Council, concorso ideato e sostenuto dalla Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane (DGAAP) del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali per promuovere l’arte contemporanea italiana nel mondo.
Dopo la prima inaugurazione a Palermo, nell’ambito del programma Capitale della Cultura Europea 2018 e in concomitanza con l’apertura di Manifesta 12, e la presentazione presso l’Istituto Italiano di Cultura a Bruxelles (9-22 novembre), la mostra giunge ora a Senigallia. Dopo la mostra al Palazzetto Baviera, che sarà visitabile fino al 2 marzo 2019, l’opera entrerà a far parte delle collezioni del Museo Comunale d’Arte Moderna, dell’informazione e della fotografia (MUSINF).
Come afferma il Direttore del MUSINF, il Professore Carlo Emanuele Bugatti, all’interno del catalogo della mostra:
Ho conosciuto Eva Frapiccini al tempo della presentazione a Cartacanta della sua originale e coraggiosa opera Muri di Piombo, dove aveva sviluppato ed espresso con rigore il tema della memoria e della sua tracciabilità con il mezzo fotografico. In quella sua impegnativa ricerca, aveva espresso con successo l’elaborazione di un linguaggio visivo capace di narrare fatti realmente accaduti durante gli “anni di piombo” in Italia. Era sentimento e convinzione della Frapiccini che nei luoghi rimanesse qualcosa del passato. Così, aveva fotografato l’eco permanente nei luoghi dove erano avvenuti i fatti più drammatici degli anni di piombo producendo un libro che aveva segnato la sua prima affermazione a livello nazionale ed internazionale.
E continua:
Anche nell’ attuale indagine fotografica sulle guerre di mafia, Eva Frapiccini mi appare affidarsi alla convinzione che in generale esista, attraverso la ricerca artistica, la possibilità di colmare i vuoti cognitivi individuali e collettivi, relativi ad alcuni elementi storici. Perciò le sue ricerche tendono a manifestarsi in forma di archivi o serie fotografiche, reperti visivi di luoghi o documenti. Un contesto che riesce a coinvolgere anche fisicamente lo spettatore, in un dialogo tra fiction e realtà. È quanto consente allo spettatore o lo spinge all’individuazione personale, in un contesto collettivo. Le installazioni della Frapiccini trasmettono una tensione che, in definitiva, costituisce lo scopo stesso dell’arte, avvertita come trasmissione di un’inquietudine. L’opera, nel caso fotografica, risveglia insomma delle questioni che erano sospese nell’aria. Perchè, osservando, direi in itinere, la funzione individuale e sociale dell’artista e dell’arte, la Frapiccini afferma essere l’artista non un genio, ma un diapason, un trasmettitore più deciso di altri.
In ultimo, in merito all’opera che verrà acquisita all’interno delle collezioni del MUSINF e all’impegno che il Museo:
In generale, attraverso la fotografia, il progetto mette dunque in luce gli strumenti e il pensiero, che stanno dietro alle azioni di rottura dello schema di mafia: appunti, discorsi, registri e note, raccolti e custoditi nei molti archivi privati. L’installazione è poi un archivio fotografico “in fieri” che si rivolge direttamente al visitatore invitandolo ad una riflessione sul proprio ruolo attivo nella società, sulle scelte personali rispetto al prossimo, perché l’inerzia di fronte alle piccole e grandi ingiustizie non finisca per avvelenare la sua anima. Un’accessibilità che il Musinf terrà a garantire, con attività didattiche specialistiche nel settore fotografico, ma anche nel rapporto con le scuole del territorio, quando l’opera giungerà nelle sue raccolte a conclusione dell’itinerario espositivo in corso così ricco di eventi.